Colmare il divario tra retail fisico e retail digitale
I negozi fisici sono davvero destinati a scomparire? Considerando l’esigenza di parlare sempre più di “phygital marketing”, sembrerebbe vero l’esatto contrario. Scopriamo allora com’è possibile colmare il divario tra retail fisico e retail digitale.
Phygital marketing
Com’è facile intuire, la parola “phygital” deriva dalla fusione di “physical” (offline) e “digital” (online). Il termine “phygital marketing” si riferisce al marketing finalizzato a creare una relazione omnicanale tra il mondo reale e digitale. Le strategie ispirate dal phygital marketing si pongono come obiettivo quello di raggiungere un supporto reciproco tra brand e persone. In questo modo il commercio si avvicina agli utenti e viceversa. Si viene così a creare un ecosistema integrato (che abbiamo già iniziato a conoscere con l’IOT e i social media) che mette il cliente al centro di una dimensione contemporaneamente online e offline.
Definirla dimensione può essere un po’ fuorviante. Non si tratta di qualcosa di astratto bensì della nostra realtà quotidiana, quella effettiva e concreta in cui viviamo. In questa realtà il cliente è già al centro dell’esperienza di vendita. Occorre solo modulare il retail tenendo ben presente una trasformazione già avvenuta, sicuramente accelerata dalla pandemia da Coronavirus.
Il commercio onlife
In un certo senso si può anche parlare di “commercio onlife”. Questo concetto amplifica l’esperienza di acquisto facendola uscire dai rigidi canoni che fino a oggi ci hanno spinto a distinguere tra acquisti online e acquisti offline. La verità, secondo Luciano Floridi (professore di filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford, dove dirige il Digital Ethics Lab), è che “siamo probabilmente l’ultima generazione a sperimentare una chiara differenza tra offline e online” quando in realtà stiamo già vivendo “onlife”. Per descrivere la società onlife, Floridi utilizza l’esempio delle mangrovie.
“Vivono in acqua salmastra, dove quella dei fiumi e quella del mare si incontrano. Un ambiente incomprensibile se lo si guarda con l’ottica dell’acqua dolce o dell’acqua salata. Onlife è questo: la nuova esistenza nella quale la barriera fra reale e virtuale è caduta. Non c’è più differenza fra “online” e “offline”, ma c’è appunto una “onlife”: la nostra esistenza, che è ibrida come l’habitat delle mangrovie”.
E se è vero che viviamo onlife è anche vero che consumiamo onlife, motivo per il quale anche il retail marketing deve tenere in considerazione tutte le potenzialità del vivere contemporaneo, in modo da declinare in maniera corretta l’omnicanalità. Solo così si può colmare il divario tra retail fisico e retail digitale.
Phygital marketing: l’esempio di Amazon
Non è chiaro se il neologismo “phygital” sia dovuto a un’intuizione di Accenture o Amazon ma quello di Amazon è certamente un esempio di “phygital marketing”. Si tratta infatti di un’azienda nata digital, di un e-commerce che garantisce un servizio a oggi ineguagliabile che apparentemente non avrebbe alcun bisogno di creare spazi physical. E invece lo fa. Prima con i pop-up store, poi con Amazon Go e adesso con Amazon Fresh, l’azienda di commercio elettronico ha investito sempre molto anche sul commercio fisico senza mai staccarsi troppo dal concetto “phygital”.
L’ultima iniziativa figlia del “phygital marketing” è proprio Amazon Fresh, il primo supermercato senza cassiere aperto in Europa. Ma tutto ciò non deve spaventare i negozi, anzi può stimolarli a una maggiore consapevolezza dell’epoca che stiamo vivendo. Il modello Amazon non è l’unica rappresentazione possibile del commercio onlife. Tuttavia per colmare il divario tra retail fisico e retail digitale, è necessario che il mondo del retail sia in grado di fornire una risposta adeguata ai tempi perché il consumatore stesso è già diventato “phygital”.
Phygital marketing e analytics
In questa ottica la sola soluzione che il retailer può adottare è quella di accogliere, comprendere e soddisfare al meglio le esigenze del cliente, anche e soprattutto avvalendosi del contributo che la tecnologia può dare per garantire un’esperienza d’acquisto migliore. Un esempio? La diminuzione dei tempi di attesa, una disposizione più efficace della merce, un’organizzazione delle aree di vendita ottimale… Oggi più che mai è importante comprendere le esigenze dei clienti esattamente come fanno i colossi dell’e-commerce.
Come fare? Semplice: con gli analytics, esattamente come fa Google, Facebook e anche Amazon. Come fanno loro ma se possibile anche meglio. Analizzando gli spostamenti delle persone all’interno degli spazi commerciali, misurando l’attrattività di vetrine e aree espositive, controllando i tempi di attesa alle casse o ai banchi di vendita ma senza mettere in pericolo la privacy dei clienti. La tecnologia può fare molto per aiutare il retailer a raggiungere questi obiettivi. Lo dimostra anche talético, la piattaforma per l’analisi in tempo reale del comportamento delle persone all’interno degli spazi commerciali, che grazie a indicatori precisi e significativi fornisce soluzioni personalizzabili funzionali allo sviluppo del proprio business.
In ogni caso, indipendentemente dalla soluzione proposta, quello che emerge dalla settima edizione dell’Osservatorio Innovazione digitale nel retail della School of management del Politecnico di Milano, è che il commercio giocherà sempre più sul piano dell’omnicanalità.
Le prime conseguenze dirette sono che l’e-commerce sarà spinto ancor più a rispondere a determinate esigenze (come ampiezza dell’offerta e rapidità di acquisto) mentre la distribuzione fisica dovrà avvalersi sempre più della tecnologia per potenziare la peculiarità dell’esperienza nel punto vendita. Solo in questo modo i punti vendita dimostreranno di essere in grado di colmare il divario tra retail fisico e retail digitale, soddisfacendo le necessità del consumatore contemporaneo e dimostrando così di essere phygital, proprio come lui.