Uscire a fare shopping

Uscire o non uscire a fare shopping? Questo è il dilemma. Parafrasando Amleto, anche in un periodo senza precedenti (come quello caratterizzato dalla pandemia da Coronavirus), ci chiediamo: perché il consumatore dovrebbe uscire a fare shopping, DPCM permettendo?

La necessità di acquistare beni di primaria importanza non è più “la scusa” per uscire di casa. In un’epoca in cui tutto è a portata di mano, è possibile confrontare una moltitudine di brand (in termini di qualità, tipologia e prezzo), scegliere e ricevere a casa il prodotto richiesto. Il tutto con un semplice gesto e comodamente dal divano di casa.

Uscire o non uscire, questo è il dilemma

Uscire a fare shopping, tra l’altro, comporta la frequentazione di ambienti affollati e quindi un maggior rischio di entrare in contatto con persone positive al Covid-19. Nonostante il distanziamento e i dispositivi di protezione, infatti, nessun posto è sicuro come le mura domestiche.

Paura, pregiudizio, incertezza e pigrizia contribuiscono quindi a costruire un muro che risulta difficile da abbattere con la sola e semplice motivazione di “voler uscire di casa”. Ma cosa può incentivare all’azione e a lasciare momentaneamente la propria zona di comfort, oltre alle barriere mentali comprensibili ma non (sempre) giustificabili? 

La risposta è una sola: vivere una customer experience unica e memorabile, in totale sicurezza e tranquillità.

Creare la giusta esperienza di acquisto

Si è sempre parlato di “esperienza” come un fattore importante nell’organizzazione e nella gestione del punto vendita ma mai come ora è diventato necessario capirne le caratteristiche fondamentali. Suscitare un senso di fiducia e di familiarità in chi visita il negozio, anche solo per una spesa fugace, per esempio. Si tratta di un forte elemento distintivo per dare ai consumatori validi motivi per scegliere il proprio business. In questo caso entrano in gioco la cura dei dettagli, l’esposizione chiara e leggibile, la comunicazione in-store immediata e l’attrattività dei display. Importantissimo anche il richiamo esercitato dalle aree più “calde”, focalizzato a trasmettere un messaggio veloce, rassicurante e invitante.

Se, dunque, il cliente si può (e deve) sentire confidente con l’ambiente, acquisendo familiarità con gli spazi, la sua scelta dovrebbe concludersi con l’acquisto. Solo così il processo di connessione brand-consumatore si rivela produttivo ed efficiente. In realtà, se prima della pandemia l’acquisto d’impulso poteva rappresentare un aspetto su cui far leva con le sole tecniche espositive, oggi l’emergenza sanitaria ed economica generale ha portato il cliente ad una maggiore consapevolezza nel capire e valutare un oggetto, anche prima di acquistarlo.

Per creare una customer experience di eccellenza, incentrata sul cliente è pertanto necessario ed imprescindibile conoscere le sue abitudini. Avvalersi di un visual merchandising pianificato e mirato, integrato ad un servizio di vendita cortese e specializzato, non è più sufficiente. Oltre all’omnicanalità, che raggiunge il cliente in ogni dove tramite la gestione sinergica dei canali di comunicazione e dei touchpoint, il vero punto cardine fondamento di ogni valutazione e pianificazione strategica è lo studio delle analytics. Proprio attraverso questo studio è possibile monetizzare la conoscenza dei consumatori e rendere più incisive le azioni di marketing.

“Se non puoi misurarlo, non puoi gestirlo” R. Kaplan e D. Norton

Analizzando il percorso d’acquisto fisico, la prima fase di studio inizia all’esterno del negozio. Osservare il comportamento di chi si sofferma davanti ad una vetrina, capirne la direzione di provenienza e verificare l’eventuale ingresso al punto vendita, stimola un’ampia serie di valutazioni sulla location e sull’allestimento dello spazio. In questo modo si identificano i margini di miglioramento in termini di capture rate e di monitoraggio dell’andamento del prodotto esposto per un determinato periodo.

Una volta che il consumatore ha deciso di varcare la soglia, l’attenzione si sposta all’interno. Il suo percorso, il passaggio e la sosta davanti ad alcuni display piuttosto che ad altri, il monitoraggio delle code in cassa (inteso non solo come la quantità di persone in fila ma anche il loro comportamento in attesa) si traducono nella valutazione (competente e professionale) della propria strategia. Ma non è tutto! Diventano anche la messa in discussione dell’efficacia della strategia, nell’ottica di potenziare concretamente la loyalty, migliorare l’esperienza di acquisto e aumentare sensibilmente le vendite.  

Il “primordiale” monitoraggio degli ingressi oggi è evoluto e si accompagna a dati aggiuntivi che arrivano a catturare non solo il gender ma anche la direzione del volto, ed è solo l’inizio! È importante ingaggiare e fidelizzare gli avventori in modo efficace lavorando su più fronti. Ecco alcuni esempi: eventi virtuali, valorizzazione del senso di appartenenza a una community di persone legate da affinità, selezione accurata dei prodotti esposti e dei servizi proposti. È fondamentale anche conoscere le abitudini dei clienti, che significa poter confezionare unesperienza d’acquisto completa, integrata e customizzata. Solo così si arriva all’effettivo e reale controllo delle potenzialità del punto vendita e al miglioramento del proprio business.